Irresistibile e delicata. E' la spalla di San Secondo

Profumo di Bassa

di Gianmarco Maenza

«Specie di prosciutto ammagliato che si fa con la spalla di maiale. Il migliore ed il più celebrato di questi salumi si fa a San Secondo, borgata del Parmigiano» – Carlo Malaspina, Vocabolario Parmigiano-Italiano, 1850

Irresistibile, delicata, profumata di Bassa… Eccellente da assaporare con una fetta di pane casareccio ma anche per un aperitivo all’emiliana. Di origini antichissime – risalenti addirittura al 1170 secondo alcune fonti documentarie – e apprezzata da Giuseppe Verdi in persona, la spalla di San Secondo è un salume riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale italiano (P.A.T.) e legato in maniera indissolubile al territorio compreso tra gli abitati di Fontanellato, Roccabianca e Pieveottoville, e di cui proprio San Secondo Parmense costituisce il cuore pulsante.

«[...] In compenso c’è il salame, la spalla cotta e il culatello che sono straordinari, tanto che se io dovessi nascere maiale, pregherei Dio di farmi nascere nella Bassa» – G. Guareschi

La spalla cotta si ricava da una lavorazione attenta del quartino anteriore del maiale. Termine con cui si fa riferimento alla parte superiore della zampa dell’animale, nonché alla specifica porzione in cui la scapola tiene separate la coppa e, appunto, la spalla.

Si tratta di un prodotto unico nel suo genere, la cui difficile realizzazione si compone di differenti fasi. Innanzitutto, è necessario eseguire preventivamente un’operazione di taglio che permetta di rimuovere le ossa o eventuali parti inutilizzabili. Attraverso la “concia” è invece possibile cospargere la carne di aromi (quali il sale, il pepe, l’aglio, la noce moscata e i chiodi di garofano) che le donano un sapore inimitabile. Dopo averlo lasciato riposare per un periodo di due settimane in cella frigorifera, la successiva fase della legatura conferisce al salume la tipica forma tondeggiante. Investito poi di una vescica pellicolare di origine bovina, è possibile dunque procedere con la cucitura, al termine della quale lo straordinario insaccato viene fatto stagionare in un luogo fresco e asciutto per circa sessanta giorni.

«Prima di metterla al fuoco bisogna levarla di sale, cioè lasciarla due ore nell'acqua tiepida. Dopo si mette al fuoco dentro un recipiente che contenga molta acqua. Deve bollire a fuoco lento per sei ore, poi la lascerai raffreddare nel suo brodo. Fredda che sia, ossia 14 ore dopo, levarla dalla pentola, asciugarla e mangiarla...» – Lettera di Giuseppe Verdi al Conte Arrivabene del 24 aprile 1872

La spalla viene infine cotta in abbondante acqua con foglie d’alloro, vino bianco (o rosso) e spezie. La cottura, avvenendo a fuoco molto lento a una temperatura di circa 75°C, contribuisce quindi ad esaltare al massimo tutta la sua gustosità e incantevole scioglievolezza.

Servita calda e tagliata a mano a fette grossolane, la spalla cotta è davvero insuperabile se accompagnata dalla classica torta fritta, da qualche verdura sott’olio e da un bicchiere di Fortana. Nulla vieta tuttavia di poterla gustare anche fredda e affettata in maniera sottile, così da poterne apprezzare ogni sfumatura di dolcezza. Insomma, in una qualunque versione si deciderà di proporla, il successo a tavola con gli amici è assicurato.

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